Maggio 6, 2024


La Prof.ssa Margherita Carignola dopo aver avuto la possibilità negli scorsi mesi, grazie alla Commissione Cultura del Movimento per la Vita di Corigliano-Rossano,

di “intervistare” già alcune tra le personalità di rilievo di Corigliano-Rossano, appartenenti al mondo della Politica, della Cultura e dell’Imprenditoria, al fine di favorire l’incontro generazionale e la promozione del territorio, riprende una seconda parte di interventi. Questa volta è il turno di Giuseppe Antoniotti, già sindaco di Rossano e più volte impegnato in prima persona in ruoli istituzionali di rilievo sia cittadini sia provinciali.
******************************************************************
Vorrei che intendessimo questi momenti non come un’intervista, bensì come un dialogo.
Invito, dunque, a rispondere alle domande utilizzando il margine più ampio, senza preoccupazioni
riguardo i limiti del tema delle questioni poste.
1. Cosa significa, alla luce della sua esperienza, impegnarsi per – e vivere – la propria
comunità?
Vivere la comunità, è saper correttamente e positivamente declinare i valori di partecipazione
e di condivisione e farlo in modo responsabile, consapevole, libero. Gli uomini e le donne che sono
persone che socializzazione tendono a vivere insieme: formano così grandi e piccole comunità.
Grandi comunità sono una Città, come quella di Corigliano-Rossano, o un intero Stato. Piccole
comunità sono la famiglia, la scuola, i gruppi di volontariato, le comunità ecclesiastiche. L’importante
che lo “stare insieme”, “fare comunità”, scaturisca da un moto spontaneo, di affinità, di valori, ed una
volta consolidato sia finalizzato alla crescita non solo materiale ma anche spirituale di ciascuno degli
appartenenti e della comunità nella sua interezza. La famiglia è l’istituzione fondamentale della vita
sociale, ovvero della comunità. Essa è formata da persone che hanno tra loro rapporti di parentela
(padri, madri, figli, nonni, ecc.). È all’interno della famiglia che i bambini hanno le loro prime
esperienze: imparano a parlare, a camminare e a comunicare, ricevono e imparano a dare aiuto,
apprendono che per vivere con gli altri occorre rispettare certe regole e che in alcuni casi occorre
ubbidire a un’autorità. Per vivere insieme occorrono regole. Le regole sono utili per rispettare le
esigenze degli altri e perché gli altri rispettino le nostre. Proprio dalla necessità di garantire questo
rispetto reciproco nascono i doveri e i diritti. Le regole più consuete, seguite per abitudine da tante
persone, sono le regole consuetudinarie. Sono quelle che stabiliscono il buon comportamento, come
essere gentili e agevolare gli altri. Accanto a queste regole di cortesia, ci sono le regole prescrittive,
cioè quelle che tutti sono obbligati a rispettare. Come le regole di buon comportamento, anche quelle
prescrittive riguardano la nostra vita e quella degli altri. Esse di solito sono espresse per iscritto nella
forma di leggi o di regolamenti. Ed io posso dire di vivere la Comunità che prima si identificava come
Rossanese ed ora come quella scaturita dalla fusione tra i due comuni di Rossano-Corigliano secondo
quei valori, appunto di partecipazione, di libertà, di condivisione, che sono fondamento, essenza della
Comunità in quanto tale. A questi valori mi sono ispirato quando ho promosso da sindaco del Comune
di Rossano, la fusione con il Comune di Corigliano, con l’obiettivo non soltanto degli “interessi
comuni’’, come quello della gestione dei servizi, ma anche della crescita qualitativa e di sviluppo
sostenibile.
2. Il concetto di comunità non deve appiattire e asfaltare l’idea della dignità dell’individuo.
Chi è oggi, secondo lei, il cittadino di Corigliano-Rossano?
Non c’è individuo senza comunità, come non c’è comunità senza individuo: l’equilibrio è
sapere comporre armonicamente la dimensione individuale e quella comunitaria e ciò si concretizza
facendo leva sulla complementarietà e sulla sussidiarietà. È l’equilibrio fra la tutela dei diritti del
singolo e la promozione del bene comune. Il cittadino di Corigliano-Rossano, che è tale in virtù della
fusione tra i due comuni di origine e di appartenenza, dovrebbe esserne la virtuosa sintesi. In realtà la
fusione tarda, per evidente incapacità di chi è stato eletto come guida, a dispiegare tutte le sue
potenzialità di forte impulso alla crescita comunitaria, all’interesse comune. È come se il cittadino di
Corigliano-Rossano, non avesse ancora la cittadinanza della nuova Città, non avesse ancora
“metabolizzato” l’obiettivo strategico della fusione perché non sono state poste le premesse
necessarie, anche e solo economico-sociali, al processo di fusione. Un esempio significativo in questo
senso, è dato dal mancato varo, a distanza di due anni dalla nuova Amministrazione, dello Statuto che,
oltre a dettare le regole sulla gestione comune, indica anche i principi cui si dovrà fondare un
possibile nuovo modello di sviluppo della Città Nuova. E questi principi a loro volta non possono che
trovare un loro fondamento nei valori che si sono sedimentati nel corso di secoli di storia delle due
comunità, ora amministrate dal Comune Unico. Gestione comune dei servizi finalizzata al loro
miglioramento qualitativo, gestione comune delle risorse economiche finalizzate alla crescita e allo
sviluppo del territorio nella prospettiva dell’ “Area Vasta’’ della Sibaritide, che comprenda i comuni
della Valle del Crati e di quella del Trionto, così come era stato indicato nella delibera approvata
all’unanimità dal consiglio comunale di Rossano, promossa e voluta dal sottoscritto, sindaco della
Città, e successivamente, approvata, con lo stesso obiettivo dal consiglio comunale di Corigliano.
Parafrasando uno slogan risorgimentale, abbiamo fatto il Comune unico, ma per evidente tradimento
delle scelte popolari fatte anche attraverso un referendum, non si sono poste le basi perché’ si possa
far riferimento ad una Comunità unica, benché essa abbia culturalmente una base unica che va al di là
dei comuni fusi, ovvero alla Sibaritide, e trova la sua ragion d’essere culturale nella Magna Grecia
Bizantina. La legenda del Patire, come il “lenzuolo” divisore che separa Rossano da Corigliano o
viceversa, è appunto una “leggenda”’. Il “Patire”, altra significativa presenza culturale e insieme
religiosa che si afferma con il monachesimo basiliano, nonostante la dominazione normanna e la loro
propensione al “castello’’ anziché al monastero, non è un “confine”, ma un ponte che accomuna, che
vuole far coesistere, contaminare le identità presenti da secoli sul territorio della Sibaritide, aventi,
tutte, una base comune, ossia la cultura greca-bizantina.
3. Torniamo indietro nel tempo. Quale visione ha mosso il suo impegno verso la politica? E,
se lei dovesse ricominciare, per che cosa si impegnerebbe oggi?
Farei esattamente quello che ho fatto da sindaco, da assessore, da consigliere provinciale: la
delibera consiliare, citata, che ha dato l’avvio alla fusione tra i due Comuni, dopo il varo di quella di
Corigliano, non è giunta per caso, o per calcoli elettorali: è il frutto di una coesistenza operativa che
negli anni si è andata consolidando tra i due comuni, suffragata da una volontà, mi riferisco,
ovviamente alla mia volontà e al mio impegno, e se vuole al mio credere in quei valori anche culturali
cui mi sono riferito in precedenza. Certo, se si dovessero creare le condizioni, io ci sarei a rinverdire il
“processo di fusione”, a ricreare le condizioni per una strategia di crescita, nella coesione sociale, e di
sviluppo sostenibile ed ecocompatibile perfettamente in linea con gli investimenti europei del Recovery.
Prossimo ospite sarà il Consigliere Regionale Giuseppe Graziano.