Maggio 1, 2024


Gli anziani: memoria e anello di congiunzione tra le generazioni.

In occasione della I Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani, il Movimento per la Vita di
Corigliano-Rossano, attraverso la Prof.ssa Aquilina Sergio – Responsabile Commissione
Biogiuridica – offre un’interessante ed alta riflessione sull’evento particolarmente caro e voluto e da
Papa Francesco
.
L’umanità vive oggi un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti,
che progressivamente si estendono all’intero globo. Tali mutamenti determinati dall’intelligenza e
dall’attività creativa dell’uomo, si ripercuotono su quest’ultimo, sui suoi giudizi e sui desideri sia
individuali che collettivi, sul suo modo di pensare e d’agire, sia nei confronti delle cose che degli altri
uomini, tanto che si può etichettare come una vera trasformazione sociale e culturale. L’ordine del
mondo, un tempo cadenzato dai comandamenti di Dio, è ora regolato dalle ferree leggi del progresso e
del mercato. Ne consegue che l’uomo è divenuto un “Io assolutista”, dissipato in una solitudine che
diventa radicale. Tutto ciò mostra una realtà storica molto complessa tanto che l’organizzazione
sociale e la cultura dominante, consentono di definire l’epoca in cui viviamo in termini di modernità.
Una modernità che ha conosciuto diverse trasformazioni, non più orientata verso la ricerca di
relazioni, ma di reti, e soprattutto gli anziani, coloro che hanno vissuto più degli altri la complessità
della modernizzazione, rischiano non solo di perdere una collocazione stabile nella società quanto di
essere umiliati. Il riferimento è a quel tipo di umiliazione o offesa che deriva dalla svalutazione
dell’identità e dal modello di vita di cui l’anziano è testimone, al quale non viene più riconosciuta
una valenza positiva. Essere vecchi non significa solo trovarsi più vicini alla morte – un dato reale
davanti al quale il mondo moderno sa opporre solo un sentimento di terrore –, quanto piuttosto
sentirsi più indifesi, meno desiderabili, inutili ai fini della produttività: portatori di una sorta di
“vergogna sociale”, quella di incarnare quanto di più letale esista per l’immagine vigente di eterna
bellezza e di sconfinata felicità che l’odierna società propone. Può accadere che l’età della pensione
non sia più il tempo atteso in cui realizzare qualche sogno nel cassetto e coltivare le relazioni
importanti, ma quello della chiusura in casa e dell’isolamento. In tal senso, la riflessione bioetica
possiede sotto questo profilo spazi di operatività sconfinati. Essa deve denunciare tutte le forme di
violenza, in gran parte subdole e indirette, cui vengono sottoposti gli anziani, così come
l’ineluttabilità e la progressività del loro declino psico-fisico; la denuncia di un mito pernicioso,
perché in questo risiede, in gran parte, la ragione della situazione di disagio –sociale, politico,
psicologico- in cui nella modernità vengono spesso a trovarsi gli anziani, vittime di dinamiche di
emarginazione intollerabili sotto tutti i profili. Occorre, allora, guardare all’ontologia della condizione
anziana in quanto tale. Motivo per cui è quanto mai doveroso e necessario rivendicare i diritti dei
soggetti anziani, oltre a fronteggiare l’ostacolo più grande, quel duro dato, come ha scritto Romano
Guardini, della “segreta ostilità che la vita in crescita oppone alla vita declinante”. Non
dimentichiamo, che “la vecchiaia è espressione di una biologia in un ambiente”, secondo la felice
espressione di Andreoli e che l’ambiente è nozione meta-biologica, nella quale interagiscono
dinamiche psicologiche, politiche, sociali, storico-culturali. La vecchiaia appare oggi alla stregua di
una età della vita caratterizzata sì (peraltro come ogni altra età della vita) da particolari fragilità –e
proprio per questo meritevole di doverose e specifiche attenzioni igieniche, biomediche e sociali-, ma
non certo come una età in cui si debba necessariamente – in virtù di una imperscrutabile volontà della
natura – affievolirsi il diritto alla salute, inteso in senso più lato, come diritto alla cura. Tutto ciò fa sì
che il tema degli anziani, divenga sempre più oggetto di dibattiti e discussioni. Ed anche se la società
attuale tenda a considerare l’anziano sempre e solo come un ‘peso’, in realtà è portatore di esperienza
e di un proprio bagaglio culturale, che sono di grande utilità a tutti noi. Le persone di una certa età
hanno vissuto dinamiche politiche, sociali ed economiche che le nuove generazioni faticano a
comprendere. Non si deve dimenticare che gli anziani sono la radice di ciò che noi siamo, le nostre
origini, l’albero da cui siamo germogliati e a cui attingere per trovare non solo conforto, ma
soprattutto esperienza. Hanno una lunga storia da raccontare, numerosi gli eventi e le esperienze
vissute, le vicende che hanno tracciato la loro personale avventura, rappresentano il “filo conduttore”
del nostro passato che ci permette di conoscere ed apprezzare maggiormente il nostro presente. Sono
custodi della “memoria collettiva”, e perciò interpreti privilegiati di quell’insieme di ideali e di valori
comuni che devono reggere e guidare la convivenza sociale. Escluderli è come rifiutare il passato, in
cui affondano le radici del presente, spesso in nome di una modernità senza memoria. Incisive sono le
parole affermate dal Santo Padre quando ribadisce che “[…] la vecchiaia è un dono e i nonni sono
l’anello di congiunzione tra le generazioni, per trasmettere ai giovani esperienza di vita e di fede. Da
qui, la decisione di istituire la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, che si terrà a partire dal
prossimo 25 luglio in tutta la Chiesa ogni anno la quarta domenica di luglio, in prossimità della
ricorrenza dei Santi Gioacchino e Anna, “nonni” di Gesù. Papa Francesco, ritiene impellente
suscitare, attraverso azioni e progetti, un cambio di mentalità, spronare anche le istituzioni perché la
prospettiva sia quella di dare centralità agli anziani attingendo al loro bagaglio di vita, alla poliedricità
delle loro esperienze. Bisogna aprire canali di dialogo in cui l’ascolto dei figli e dei nipoti sia un
ascolto responsabilizzante. Allora, da cosa si può partire per ripensare una solidarietà tra generazioni?
Ancora una volta, torna quanto mai attuale e stringente l’idea di responsabilità proposta da Jonas alla
fine degli anni ‘70 nella sua opera principale, Il principio di responsabilità, in cui il richiamo ad un
imperativo categorico è di fondamentale importanza oggi. Responsabile è il comportamento di chi
agisce in modo che le conseguenze della sua azione siano compatibili con la permanenza di
un’autentica vita umana sulla terra. L’etica jonasiana definita come “etica del e per il futuro”, è il
punto di partenza del lungo e non affatto facile cammino verso una maggiore cura dell’uomo. Da qui,
allora, la necessità di ri-stabilire legami fra generazioni che come si evince nella teologia di Papa
Francesco, hanno bisogno di parlarsi e «il dialogo intergenerazionale costruisce senso se connette
affetto e società, intimità e socialità, rapporti caldi e impersonalità, memoria e rispetto, ossia pensare e
progettare la società futura sull’accoglienza e sul dialogo. Ad essere coinvolti in questo percorso,
infatti, non sono solo le generazioni eredi, ma anche gli anziani: la riconoscenza per il dono della vita
è l’esito generativo dell’ultima fase dell’esistenza. La riconoscenza dei più giovani deve, quindi,
esprimersi non solo nella cura degli anziani quanto «inscriversi in un ordine di senso che trascende la
concretezza delle prestazioni di aiuto ed i confini spazio-temporali ristretti del rapporto tra genitori
anziani e figli adulti, per dispiegarsi in una prospettiva multigenerazionale». Questo approccio alla
vecchiaia consente di ricucire non solo i legami, quanto la trama culturale e morale del sociale, che
sfida la cultura dello scarto con quella “gioia traboccante” auspicata da Papa Francesco di un nuovo
abbraccio tra i giovani e gli anziani!
Prof.ssa Aquilina Sergio, Responsabile Commissione Biogiuridica MpV Corigliano-Rossan