Dopo aver “incontrato” la scorsa settimana l’On. Giuseppe Caputo, questa settimana, ospite della rubrica “Generazioni e Territorio”, a cura della Commissione Cultura del Movimento per la Vita di Corigliano-Rossano, coordinata dalla Prof.ssa Margherita Carignola, è il prof. Francesco Filareto.

 Il prof. Filareto, autentico punto di riferimento della cultura e del mondo scolastico rossanese, è stato anche primo cittadino della Città di Rossano dal 2006 al 2011. Inoltre, sin dai primi passi del Movimento per la Vita nel territorio, ne è stato più volte ospite e relatore. Questo contributo socioculturale rappresenta sicuramente un nuovo inizio di collaborazione e di vicendevole stima.

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Prof. Francesco Filareto, vorrei che intendessimo questi momenti non come un’intervista, bensì come un dialogo. Invito, dunque, a rispondere alle domande utilizzando il margine più ampio, senza preoccupazioni riguardo i limiti del tema delle questioni poste.

1. Cosa significa, alla luce della sua esperienza, impegnarsi per – e vivere – la propria comunità?

Ho vissuto, insegnato, trasmesso e continuo a vivere, insegnare e trasmettere due domande, dalle cui risposte dipendono le conseguenti scelte di vita, che ognuno è chiamato a fare, perché “vivere è scegliere” e ognuno di noi è la risultante complessa delle scelte fatte, con successi, errori e fallimenti. La prima domanda: “Perché ci sono ? quando invece c’erano e ci sono infinite possibilità di non esserci meno una; e perché si è realizzata l’unica possibilità di esserci ?”
Escluso il caso, ognuno di noi nasce in un preciso contesto spaziale e temporale, ossia in una determinata Comunità, alla quale appartiene, dalla quale ha ricevuto il dono incommensurabile della vita e i principi-valori identitari. Di conseguenza, con la Comunità di appartenenza ognuno di noi contrae una serie di debiti, che dobbiamo – moralmente ed eticamente – pagare nel corso della nostra esistenza. Da qui, nasce la seconda domanda, connessa alla prima: “Qual è il mio progetto di vita ? come debbo spendere la mia vita, per quali obiettivi, con chi e perché?”. Sono tante le scelte irrevocabili che ognuno di noi deve fare e non può astenersi: la scuola, la famiglia, il lavoro, l’impegno sociale e politico, dove vivere, chi frequentare etc.
E quando, consapevolmente e responsabilmente, fa le sue scelte deve rinunciare ad altre scelte senza ripensamenti, rimorsi, pentimenti. Tra queste scelte fatte o da fare c’è quella che riguarda il rapporto con la propria Comunità di origine.
C’è la scelta del distacco e dell’andare via, dello “spaesamento”, del tagliare i rapporti con ciò e con chi eravamo prima, ossia la scelta antropologica della fuga nell’altrove (in greco “èxodos”). Ma c’è anche la scelta antropologica del restare “hic et nunc”, “qui ed ora”, tra con e per la propria Comunità di appartenenza (in greco “paramènein”) per pagare il debito contratto con questa fin dalla nascita. Sia chiaro la vera scelta ha una doppia valenza: personale-esistenziale e sociale-comunitaria (tralascio e non mi curo degli indifferenti, dei neutri, degli opportunisti, degli egoisti che si fanno i fatti propri).
E vengo alla doppia domanda che mi hai posto: “come mi sono impegnato per – e vivere – la propria comunità”. Ho scelto di rimanere e “vivere” nella mia Comunità di Rossano, segnatamente nel Centro Storico, dove sono nato e dove mi sono formato, dove la mia presenza e ciò che faccio hanno senso e valore, ed ho scelto di “impegnarmi” nella mia Comunità di Rossano. Il primo “impegno” è essere visibile e testimone di amore: amore, non come languido sentimentalismo inattivo, ma come riconoscenza e restituzione per ciò che abbiamo ricevuto. Riconoscenza e gratitudine non andando via, restando tra la mia gente, rinunciando alla convenienza di un domicilio altrove e resistendo alla tentazione, al trend conformistico, di abbandonare il luogo delle mie radici, di chi mi ha preceduto e preparato, di chi mi ha dato la vita e i legami di appartenenza, insomma della mia memoria esistenziale e familiare e sociale: ho scelto così di risiedere e domiciliarmi a Rossano Centro e di condividere i disagi e le speranze della parte più debole della mia Comunità di appartenenza.
Ho scelto, poi, l’“impegno” culturale di essere memoria vivente e attiva della mia Comunità, della sua millenaria storia, dei suoi principi-valori identitari, contrastando la smemoria delle coscienze disorientate e irriconoscenti di tanti concittadini, che non conoscono la propria storia e non amano la propria città di origine. Ho scelto, quindi, l’“impegno” della persona-civis, operosa nel sociale, che si sforza di collegare strettamente la cultura alla vita, la teoria alla prassi (in greco il “bios theoretikòs” al “bios praktikòs”), insomma la “promozione umana liberante” del Cristianesimo e l’“impegno” laico dell’ “intellettuale organico” (Antonio Gramsci).
Questo nostro mondo, questa nostra Comunità debbono essere, non soltanto conosciuti e amati, ma anche cambiati e migliorati, per lasciare a coloro che verranno un mondo migliore e diverso da quello in cui siamo vissuti, più umano, più libero, più pacifico, più giusto, più fraterno, più uguale. Ognuno di noi, come può, deve fare la propria parte e se la facciamo insieme allora lasceremo segni profondi di rinnovamento e di speranza
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2. Il concetto di comunità non deve appiattire e asfaltare l’idea della dignità dell’individuo. Chi è oggi, secondo lei, il cittadino di Corigliano-Rossano?

Precisiamo che la Comunità è l’appartenenza sociale, è l’Identità culturale-morale-etica che ci dà i principi e i valori condivisi, è l’Interesse generale, è il Bene comune. Se la nostra Comunità è tutto questo, essa “non appiattisce”, “non asfalta la dignità dell’individuo”, perché il mio concittadino, il mio “prossimo”, è una persona, un valore in sé, un fine in sé, uguale in dignità a me, non mi nè estraneo e neppure indifferente e neanche utilizzabile per egoistici fini, e tutte le singole persone-cives, vivendo e operando nella e per la propria Comunità di appartenenza, trovano il proprio interesse individuale e il proprio bene personale.
Viceversa, quando l’ “io singolo” si sente soltanto individuo e non riconosce di “appartenere” alla propria Comunità, cessa di essere una persona sociale e comunitaria, persegue esclusivamente il proprio “particulare” egoistico e familistico, come è già successo più volte nella storia, e finisce per distruggere la Comunità di appartenenza e di conseguenza anche se stesso e i propri affetti.
Tutto questo è presente e operante oggi anche nella nuova e unica Città di CoriglianoRossano, nella nuova e unica Comunità civile di Corigliano-Rossano. “Il cittadino di Corigliano-Rossano oggi” è il simbolo di Giano bi-fronte. C’è chi guarda al passato, emotivamente evocando che “si stava meglio quando si stava peggio”, riesumando diffidenze e rivalità secolari reciproche, ritenendo che è meglio “stare e operare da soli che insieme”, dando libero sfogo alle sterili e inconcludenti lamentele e rialzando il famigerato “lenzuolo” al Patìr.
A questi nostri concittadini deboli di memoria faccio una serie di osservazioni e obiezioni. Innanzi tutto ricordo che negli anni 2006-2011, quando tra le due Amministrazioni Comunali di Rossano (Sindaco lo scrivente) e Corigliano (Sindaci Armando De Rosis e Pasqualina Straface), “sotterrate le asce di guerra”, hanno stretto una continua e forte collaborazione, che ha dato i seguenti risultati: sono stati mantenuti beni e servizi alle due città salvaguardandoli dal famelico centralismo cosentino (tranne l’USL, scippo gravissimo sostenuto dalla Regione Calabria), mantenuti i due Presidi Ospedalieri Riuniti in Spoke, ottenuto un finanziamento di oltre 143 ml. di euro per realizzare tra le due città un Ospedale di Eccellenza, mantenuto il Tribunale territoriale, impedito all’Enel SpA di trasformare la centrale a carbone, realizzata la Capitaneria di Porto, fatta la prima Area Urbana della Calabria e ottenuto 28 ml. di euro, approvati i Piani Strategici delle due Città e il Piano Strutturale in forma associata (anche con Cassano, Crosia-Mirto e Calopezzati) etc.
Ricordo, inoltre, a questi miei concittadini un po’ smemorati che cosa è successo negli ultimi anni dal 2011 ad oggi: la dequalificazione dei due Presidi Ospedalieri, i marchingegni mostruosi per impedire la realizzazione dell’Ospedale di Eccellenza, scippato senza ragioni e illegalmente il Tribunale territoriale, la mancata bonifica dell’eco-mostro della Centrale Enel, la non attuazione dei Piani Strategici delle due Città e del Piano Strutturale in forma associata, il mancato utilizzo delle potenzialità del Porto di Schiavonea, l’emarginazione della Calabria del Nord-Est dagli investimenti pubblici regionali e nazionali etc.
La realizzazione della Fusione di Rossano-Corigliano non ci ha finora restituito il mal tolto, ma ha almeno impedito nuovi scippi annunciati (INPS; Ufficio delle Entrate, INAIL etc.) e aumentata la forza contrattuale della Città unica.
Sta ora alla classe dirigente, in tutte le sue articolazioni, consolidare la sua credibilità e autorevolezza, aprendosi con umiltà all’ascolto, costruendo percorsi di dialogo e condivisi di democrazia partecipativa, coinvolgendo la parte migliore della nuova Comunità, facendo capire che in ordine sparso siamo deboli e inascoltati e che tornare indietro sarebbe la fine del territorio.

3. Torniamo indietro nel tempo. Quale visione ha mosso il suo impegno verso la politica? E, se lei dovesse ricominciare, per che cosa si impegnerebbe oggi?

Con l’espressione “torniamo indietro nel tempo” probabilmente mi chiedi di tornare agli anni 2006-2011, quando l’elettorato della Comunità rossanese mi ha voluto e votato come Sindaco. Aggiungerei a quelli gli anni precedenti quando tra le mie scelte ho inserito quella della “Politica”. Ho sempre inteso e continuo a intendere la Politica nel significato etimologico di partecipazione, consapevole, responsabile, libera, disinteressata alle problematiche e alle speranze della “Polis”, ossia della Comunità di appartenenza (da quella municipale, nazionale, mondiale).
La maggiore debolezza delle nostre Comunità è ritenere la Politica una cosa sporca di addetti ai lavori, e se questa fosse così la responsabilità è, oltre a quella dei politicanti corrotti che si fanno gli affari loro e dei loro clienti, ma anche dei “cives” che ai lorsignori glielo consentono, chiudendosi nel privato e nel familismo a-morale e a-sociale, dimettendosi da cittadini vigili e attivi, astenendosi dal voto, lamentandosi e non protestando, “facendosi i fatti propri”, rinunciando a costruire l’Interesse Generale e il Bene Comune, insomma estraneandosi dalla propria Comunità. Viceversa, la Politica è partecipazione, altrimenti non è politica.
Compito del cittadinopolitico è fare la propria parte, donando una parte di sé agli altri senza chiedere o aspettarsi nulla in cambio, testimoniando la coerenza tra ciò che si pensa, ciò che si dice e ciò che si fa, in maniera trasparente, disinteressata, onesta restituendo alla Comunità di appartenenza parte di ciò che abbiamo avuto. La Politica è scelta etica, scelta di vita, scelta dei doveri civili. Questa è “la visione che ha mosso e continua a muovere il mio impegno verso la politica”.
Mi chiedi inoltre “se lei dovesse ricominciare, per che cosa si impegnerebbe oggi ?”. Io non ha mai smesso di partecipare politicamente alla vita della nostra Comunità. Continuo a non condividere il modo disumano di fare politica dei partiti, verso i quali nutro un giudizio critico e severo.
Essi si sono in gran parte snaturati e si sono omologati regredendo in basso: hanno perso i contatti con la gente, sono spesso centri di potere e i suoi dirigenti sono spesso auto-referenziali, spesso non valorizzano la serietà, la moralità, le competenze, l’esperienza, spesso cannibalizzano gli uomini migliori, spesso sono asserviti alle oligarchie partitiche sovra-comunali e, di conseguenza, si sono rinsecchiti, hanno perso autorevolezza e credibilità. Ma i partiti sono e dovrebbero tornare ad essere soggetti indispensabili della mediazione tra “Paese reale” e “Paese legale”, tra le Comunità civili e le Istituzioni (Comune, Provincia, Stato nazionale), protagonisti nella socializzazione, nella costruzione della volontà politica, nella elaborazione della programmazione politica e amministrativa, nella formazione dei quadri dirigenti che debbono ritornare ad essere risultanti di confronto plurale e di scelte democraticamente condivise. Purtroppo, in questa travagliata fase storica, non avviene così.
Chi ancora crede nella Politica e non vuole mettersi in disparte continua a fare la propria parte di cittadino, partecipando ai movimenti democratici, al volontariato, all’ associazionismo culturale e sociale, promuovendo incontri pubblici e in piattaforma social, la pubblicazione di libri e interventi giornalistici, stimolando la partecipazione e l’impegno civico coraggioso, contribuendo al mantenimento di buoni livelli di civiltà nella propria Comunità.
Su questo e altro “mi sto impegnando oggi” insieme a tanti miei concittadini che stanno facendo le medesime scelte di vita. Noi ci siamo, testimoni di positività e speranza, sempre disponibili e pronti a servire la nostra gente e la nostra terra come servizio e donazione gratuiti. Perché tutto mi appartiene.

Si ringrazia il prof. Franco Filareto per il suo prezioso contributo. La settimana prossima sarà ospite Pasqualina Straface

 
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